Il ruolo della donna che lavora nel nostro paese è costantemente sottoposto a incertezze che derivano principalmente dalla difficoltà di conciliare gli impegni famigliari con quelli professionali.
Le donne che nel periodo di maternità devono assentarsi dal posto di lavoro incontrano notevoli difficoltà di reinserimento, dovute soprattutto alla cura dei figli anche dopo la tenera età. La carenza di adeguate strutture di assistenza pubblica a questo fine, ha ulteriormente rimarcato il problema e incentivato a cercare soluzioni alternative. Secondo una recente indagine Istat dal 2000 al 2004 le donne occupate nel nostro paese sono aumentate di oltre 700mila unità (8.753) e una donna su cinque smette di lavorare entro ventuno mesi dalla nascita di un figlio . A quelle che rientrano sono spesso riservate sorprese spiacevoli, come minori responsabilità, mansioni meno interessanti, riduzione delle opportunità di carriera e minore partecipazione ai corsi di formazione. Da qui la nascita anche nel nostro paese, ancora in numero ridotto, dei centri per il ritorno al lavoro (Retravailler), rivolti alle donne che dopo una esperienza di maternità desiderano entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Questi centri le accompagnano a stilare un piano di marketing di se stesse per individuare i propri punti di forza e di debolezza e le aiutano a impostare una strategia personale e professionale di riavvicinamento o avvicinamento al lavoro. I corsi prevedono un cammino inizialmente individuale che si concretizza nell’arco del tempo in iniziative cooperativistiche, assieme ad altre donne, rivolte alle cura della persona e della famiglia. Al termine di questo percorso la donna riesce ad essere più consapevole delle proprie potenzialità e facilitata a scegliere la propria strada, sia essa rappresentata da una ulteriore formazione professionale, sia dall’autocandidatura a un lavoro dipendente o a una attività in proprio. I centri sono spesso gratuiti o richiedono un piccolo contributo di partecipazione, si appoggiano ai comuni o alle associazioni femminili e sono gestiti da esperte di formazione e orientamento. Diverse invece le proposte per sostenere l’affidamento dei figli delle mamme che lavorano, soprattutto se molto piccoli. La modifica dell’orario di lavoro in funzione delle necessità familiari, privilegiando il lavoro part-time, e la creazione di asili-nido aziendali non hanno riscosso grande successo. Con la finanziaria del 2003 furono stanziati 10 milioni di euro per la realizzazione di asili nido e micro-nidi nei luoghi di lavoro, ma il conflitto di competenze tra stato e regioni, accompagnato da una scarsa sensibilità da parte delle aziende, soprattutto medio-piccole, non agevolarono la diffusione di questi progetti. La riduzione dell’orario di lavoro oltre a comportare una diminuzione dello stipendio, penalizza le reali possibilità di carriera professionale da parte delle donne. Pertanto di fronte alle difficoltà dello stato e dei comuni nel finanziare totalmente l’apertura di nuove strutture pubbliche, sono stati avviati a Bolzano degli esperimenti istituendo le mamme a giornata (Tagesmutter), assistenti domiciliari, che curano fino a tre bambini nella propria casa, appositamente formate dall’ente pubblico che si assume anche una parte dei costi delle famiglie.